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La torre di Babele

Nella Didaché, uno dei più antichi scritti cristiani extra Biblici, che rappresentava un manuale di istruzioni per i nuovi convertiti, troviamo l’espressione:

«Ci sono due vie, una di vita e una di morte, e c’è una grande differenza tra le due vie»

Questo insegnamento delle due vie, certamente fu ispirato da Gesù, dalla Sua parabola delle due vie: una via stretta che porta alla vita, percorsa da pochi, e la via larga che conduce alla morte, intrapresa da molti. (Matt. 7:13-14, Geremia 21:8).

Ma l’idea della retta via dei pochi e della via ingiusta dei molti ci conduce a tempi molto remoti rispetto al Nuovo Testamento, fino alle prime pagine delle Sacre Scritture. La generazione Post-Diluvio, fu sottoposta alla scelta tra queste due vie: ubbidire a Dio e al Suo comando di disperdersi e popolare tutta la terra (Gen. 1:28; Gen. 9:1,7) o radunarsi tutti, dietro le mura di una città, la città di Babilonia.

Le città non avevano una buona fama nelle pagine dell’Antico Testamento. La prima città fu edificata da Caino, quando fu rigettato dalla presenza di Dio, per l’omicidio di suo fratello Abele (Gen. 4:17). La seconda città fu Babele, famosa per la sua torre (Gen. 11:9).

Una caratteristica essenziale delle antiche città, erano le mura. Se non vi erano mura, non esisteva la città, non veniva considerata che villaggio. La prima apparizione delle città circondate da mura, segna un importante punto di svolta nella storia. Gli storici considerano questo come l’inizio della civilizzazione, un termine basato sul latino civitas (città). Ma le mura della città e gli altri segni di civilizzazione, come le armi di bronzo, apparirono soltanto per lo scopo di difesa dai violenti attacchi di altre società “civilizzate”. Questo fu un davvero un passo avanti, come molti sostengono, oppure fu un enorme passo indietro nello sviluppo morale dell’uomo?

Sia la Bibbia che altri antichi documenti rinvenuti in Mesopotamia, così come la moderna archeologia, identifica il tempo prima dell’avvento della “civilizzazione” come pacifico. In Mesopotamia (corrispondente all’attuale Iraq), questo fu considerato come una “epoca d’oro”, quella seguente al Diluvio, dove tutti parlavano la stessa lingua. Nelle Sacre Scritture, questo coincide col tempo antecedente alla costruzione di Babele, quando i popoli migrarono lentamente da Ararat (l’attuale Armenia), dove l’arca di Noè si arenò, verso la pianura di Shinar (Gen. 11:2).

Shinar, che gli archeologi chiamano Sumer (la valle della parte bassa del fiume Eufrate, nell’Iraq centrale), è dove, sia alla luce della Bibbia e della moderna archeologia, la civilizzazione ha avuto inizio. La scoperta dell’irrigazione, ha portato alla produzione di un ampio quantitativo di grano e a una centralizzazione del benessere, che dava ai popoli qualcosa da bramare. Quindi vennero edificate le mura. L’umanità venne meno alla devozione di Noè e della sua famiglia per Dio. La pace fu sostituita dalla guerra, che ci ha accompagnato da allora.

La motivazione dei costruttori di Babele è chiara: non essere dispersi sulla faccia della terra (Gen. 11:4). Essi perseguivano l’affermazione in unità, nel senso di identità di gruppo, nel potere di essere in molti, che era direttamente opposto alla chiamata e al comando di Dio.

L’unità di Babele si appellava a un’altra pericolosa tendenza del genere umano: l’orgoglio. “Acquistiamoci fama” (Gen. 11:4), in altre parole, rendiamoci famosi agl’occhi dell’uomo. Non c’era spazio all’orgoglio nell’essere dispersi nei vari paesi, dove i vicini sono pochi, e si è spesso da soli con Dio.

Questo orgoglio si manifestò in un monumento della loro unità e abilità: una grande torre in mezzo alla città. Questa torre era più di un semplice monumento. Ebbe uno scopo religioso, come si può notare dal nome della città: Babele (o Babilonia), termine accadico “Babilli” che significa “la porta di Dio” o “la porta degli Dei”. La torre fu intesa come connessione tra il cielo e la terra, letteralmente: “la cui cima giunga fino al cielo” (Gen. 11:4). Fu, in altre parole, un simbolo del tentativo dell’uomo di raggiungere Dio attraverso la propria forza e la propria abilità.

Possiamo raccogliere un bel po’ di informazioni su questa torre, per le molte imitazioni costruite successivamente, dopo che i popoli furono dispersi nel mondo. Ci furono le piramidi a gradini (Ziggurat), le rovine che possiamo ancora vedere in Iraq, fino a raggiungere il Nord e il Sud America. La forma è quella delle piramidi che ben conosciamo in Egitto, ma invece di avere le pareti lisce, presentano dei gradini. Le prime piramidi in Egitto erano anche esse a gradini. I più grandi tumuli indiani del Nord America e strutture simili in tutto il mondo, sono versioni ibride di questo stesso tipo di struttura religiosa.

Salendo la facciata, c’era un’enorme scala che saliva verso l’alto, intesa come una scala che conduceva al cielo. Alla sommità, c’era una piccola cappella, a volte di vari colori rispetto al resto della costruzione.

In tempi successivi, si credeva che il dio o la divinità, a volte scendesse a visitare la cappella e trascorresse lì la notte, o discendesse la scala per le altre cappelle poste alla base o abitasse una delle statue della divinità. Erodoto, nel V secolo A.C., riporta il proseguo, in questa cappella superiore, di una delle identiche pratiche che portò al diluvio: le donne umane venivano date come mogli a questi “figli di Dio” (identificati nella Bibbia come Angeli decaduti, 1 Cor. 10:19-20; 2 Pietro 2:4; Gen. 6:2). Il simile uso pagano della Torre di Babele può essere indicato in Gen. 11:4 dove è detto che la sommità della torre era in cielo. Il termine Ebraico per “sommità”, qui può essere anche tradotto con “capo” o “leadership”, un possibile riferimento ai falsi dei.

L’uso religioso di queste torri era, certamente, basato su una grande menzogna. Il vero Dio, non aveva bisogno di una scala fatta da mano d’uomo, per salire e scendere tra il cielo e la terra. Fu un’invenzione umana, che compiaceva l’orgoglio dell’uomo e non una necessità divina. Questo fu il messaggio del sogno di Giacobbe a Bethel, quando vide la visione di una scala e gli angeli di Dio vi salivano e scendevano dal cielo. Come Giacobbe disse, dopo che la visione fu conclusa: “…questa è la porta del cielo”, dove lui era da solo con Dio, non le piramidi a gradini del territorio nel quale egli stava viaggiando (Gen. 28:17).

Le piramidi a scalini erano un importante primo stadio nello sviluppo dell’intero sistema dell’idolatria pagana, l’idea totale di localizzare un dio in un singolo luogo, dava un tremendo potere al sacerdote che lo controllava. Questo ancora è il pericolo dell’idolatria: facendolo, sembra che Dio può essere presente nel luogo dove sono gli idoli; unitamente all’idea correlata che, più sono grandi e fantastici i luoghi di adorazione, maggiormente Dio è là presente. La verità è che Dio può essere presente egualmente ovunque, non solo in fantastiche e costose case di adorazione affollate di adoratori.

È sicuramente più di una coincidenza che, dopo il periodo di Costantino (IV secolo D.C.), quando la Cristianità divenne il passaporto di un miglior lavoro di governo, orde di pagani entrarono nella Chiesa e che migliaia di chiese in casa furono sostituite da imponenti strutture in pietra, complete con idoli, nel cuore di ogni principale città in Europa. Potrebbe sembrare rude suggerire che queste maestose strutture cristiane, condividono lo spirito di Babilonia. Sebbene esse sono spesso viste, romanticamente, come monumenti della fede, sono anche associate all’incremento della corruzione e dell’immoralità nella leadership cristiana. La chiesa è diventata un braccio dello stato, con un grande beneficio materiale per quelli che la governano. Maggiore è la centralizzazione della leadership della chiesa, minore è la responsabilità nei confronti del popolo. I vescovi hanno dato origine agl’arcivescovi, gli arcivescovi ai patriarchi; e in occidente al sistema papale sviluppato, che nel Medioevo divenne una delle istituzioni umane più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. La compravendita degl’uffici ecclesiali, era una pratica standard in tutta Europa. L’introduzione del celibato imposto ai sacerdoti, provò la rovina morale di molti. Ci fu un enorme flusso di indiscrezioni morali documentate, molte delle quali ottennero uno status legale nella legge della chiesa. La mancanza di tolleranza religiosa, che portò all’esecuzione di molte migliaia di Ebrei, di Cristiani fedeli alla Bibbia e di tanti altri, fu qualcosa di completamente sconosciuto, perfino in Babilonia. A differenza di Babilonia, questi furono peccati del popolo adottato da Dio: i Cristiani Gentili. Ma Dio sarebbe meno adirato per il peccato a Gerusalemme di quanto non lo sia per il peccato a Babilonia?

I riformatori protestanti combatterono strenuamente, per liberare loro stessi dal giogo di schiavitù di questa Babilonia e per reintrodurre la rispettabilità e la santità nella leadership della chiesa. Ma i loro discendenti, non sono stati immuni da questa logica di Babilonia. Il rigore morale della Riforma si è ora invertito, per adattarsi al comportamento che le antiche società pagane non avrebbero mai accettato. L’esclusivismo protestante è stato rimpiazzato con lo spirito ecumenico. Le denominazioni vengono assorbite in super denominazioni, con una crescente urgenza per una larga unità strutturale nel panorama cristiano. Altri, che rigettarono questo percorso, si sono ritrovati a perseguire il loro proprio tipo di centralizzazione, nella costruzione di grandi Mega-Chiese. Essi sono stati derisi dai loro detrattori come “mini-papati”, un’accusa spesso non senza un grande sfondo di verità. Da un punto di vista profetico, questi sviluppi sono in armonia con l’emergente spirito di Babilonia che chiuderà l’epoca, e porterà il Messia al giudizio.

Ma il messaggio di Dio è sempre stato opposto al messaggio di Babele. Piuttosto che centralizzare l’adorazione e l’autorità religiosa, Dio invia il suo popolo fuori e lo disperde sulla faccia della terra (Gen. 11:8). Va! Egli disse ad Abrahamo, dalla grande città di Ur e Harran, ai pascoli di Canaan (Gen. 12:1). Va! Egli disse a Mosè, dai fasti dell’Egitto (Es. 3:10). Va! Egli disse a Isaia e agl’altri profeti, da solo, per annunciare la Parola di Dio (Isa. 6:8). Andate! Disse Gesù ai suoi discepoli, a fare discepoli tra tutte le nazioni (Matt. 28:19). Andare, disperdere, spargere! Sia per le strade che attorno al mondo, Dio vuole che lasciamo la nostra sorgente di orgoglio alle nostre spalle, e andiamo con Lui alla ricerca dei perduti. La salvezza non consiste nel portare la gente in un “luogo sacro” o a un “uomo santo” (sacerdote, predicatore ecc.) ma a portarli al Dio Santo, dove è giusto che essi stiano!

Abbiamo bisogno di purificare noi stessi, tutti insieme, dal modo di pensare Babilonese, supponendo che il più grande è sempre il meglio. Dobbiamo smettere di costruire grandi gerarchie che si affidano all’uomo, e cominciare a seminare famiglie adoranti sparse, che si affidano a Dio! Forse lavorando attraverso le lotte della fede e di vita, nelle piccole comunità di fede, può portarci più vicino a Dio e l’uno con l’altro, piuttosto di tutta l’efficienza e le possibilità materiali di una vasta organizzazione. Forse la vera autorità e responsabilità davanti a Dio, piuttosto che essere un peso per il credente individuale, è importante per lo sviluppo e la crescita in Cristo. Ci sono altre vie, nelle quali possiamo condividere risorse e lavoro, in cooperazione piuttosto che attraverso l’unità organizzativa. Perché dovremmo voler imitare il pensiero Babilonese e rischiare di imitare i loro peccati? Il Signore ci dice di disperderci così possiamo andare alla ricerca dei perduti. L’esperienza dei credenti perseguitati ha mostrato che è più semplice per le autorità chiudere poche e grandi chiese centralizzate, che migliaia di piccole chiese sparse.

Dio non cerca le masse. Egli cerca individui, che sono disponibili a distinguersi dalle masse ed essere in una comunione individuale, che si affida a Lui! Se hai bisogno dei comforts di Babilonia per sentirti bene nella relazione con Dio, qualcosa è sbagliato. Abrahamo non aveva una grande organizzazione religiosa al suo seguito. Egli aveva solo la sua estesa famiglia e Dio. Ma egli si allontanò da Babilonia (Mesopotamia) e cambiò la storia del mondo. Mosè non aveva accesso a nessuna grande risorsa. Tutto quello che egli aveva era un bastone! (Es. 4:2). Ma Dio lo usò per liberare un’intera nazione dalla schiavitù! Una manciata di discepoli di Gesù “sconvolse il mondo” quando alla fine obbedirono alla loro chiamata e lasciarono Gerusalemme, per disperdersi nel mondo (Atti 17:6).

La nostra chiamata non è radunare quanto più possibile, dietro imponenti mura di una chiesa, ma di uscire, individualmente o in gruppo, a spandere il Vangelo, in un lavoro non affascinante e schiaccia orgoglio, di raggiungere i perduti, i senzatetto, i poveri. Inizia uno studio biblico, nel proprio ufficio o in qualunque altro luogo, dove c’è bisogno. Parla al tuo vicino di Dio. O meglio ancora, aiuta a far partire una comunità di adorazione, dove non è stato mai raggiunto da nessuno. Dio ti incontrerà lì, in un modo in cui non hai mai immaginato fosse stato possibile, e ti darà la vittoria su forze che tu non avevi mai immaginato di poter sconfiggere.

Anche noi dobbiamo scegliere tra due vie: saremo dispersi coi i pochi o rimarremo con i molti?