Gesù, durante il Suo ministero terreno, ebbe a scontrarsi numerose volte con i “religiosi” del suo tempo. Le figure preminenti erano quelle degli Scribi e dei Farisei. Certamente le ragioni degli “scontri” tra Gesù e i religiosi del suo tempo erano dovuti a delle visioni differenti sul significato di fede e sul comportamento poco coerente delle figure religiose stesse, che non rispettavano proprio l’insegnamento delle Sacre Scritture. Infatti, una delle accuse principali mosse da Gesù verso gli Scribi e i Farisei, era la mancanza di coerenza nel loro operato e la doppiezza del loro animo. Gli Scribi e i Farisei erano coloro che insegnavano le vie di Dio al popolo, sedendo sulla “cattedra di Mosè” (Matt.23:2). Erano preposti all'insegnamento della legge Mosaica, infatti, nel passo di Matteo, Gesù non era contro l’insegnamento della Legge, infatti invitava i suoi uditori a prestare ascolto all’insegnamento della legge di Mosè, che insieme agli Scritti dei profeti e i Salmi e gli altri libri sapienziali, costituivano “la Bibbia” di quel tempo. Quindi vediamo che l’insegnamento era in sé sano, ma quello sul quale Gesù metteva in guardia i suoi discepoli e quanti udivano la Sua predicazione era di non seguire il loro esempio, il loro modo di comportarsi che di fatto evidenziava l’incoerenza di quanto da loro predicato (Matt.23:3). Gesù aveva messo a nudo il comportamento dei religiosi del Suo tempo, che ergendosi a “insegnanti” della legge, sedendo sulla “cattedra di Mosè”, facevano da Maestri verso il popolo, ma erano i primi a non mettere in pratica quanto insegnato. Analizzando anche la storia più recente della chiesa, vediamo come quanto denunciato da Gesù è sempre accaduto, la storia ciclicamente si ripete. Dalla Riforma, attuata da Lutero nel medioevo, ai nostri giorni, sono nati moltissimi movimenti religioni, tante denominazioni Cristiane.
Qualcuno potrà chiedersi come mai la presenza di tante denominazioni se la verità di Dio è unica, e Dio stesso, nella Sua trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo) è unico? La verità del Vangelo è unica, eppure sono stati scritti quattro Vangeli, che descrivevano la stessa verità vista da diverse prospettive: Matteo risaltando il punto di vista Giudaico e le profezie concernenti il Messia atteso, Marco che in maniera sintetica mette in risalto un Gesù costantemente in azione, Luca, attraverso una scrupolosa raccolta di fonti ne risalta l’universalità del suo messaggio, mentre Giovanni, risalta la divinità di Cristo nella Sua natura e nella Sua opera. La presenza quindi di diverse denominazioni è quindi facilmente spiegata dall’enfasi posta da ciascuna denominazione verso una verità specifica della Scrittura, che ne determina l’identità (Battista, Apostolica, Pentecostale ecc.). Avere una specifica identità nel panorama Cristiano non è certamente un male, anzi, nel rispetto reciproco, consente alle varie realtà cristiane, di avere un sano confronto per la reciproca crescita spirituale, condividendo le proprie esperienze di fede con altri credenti. Ma spesso, questa sana opportunità di crescita e di comunione fraterna, rimane lodevole solo sulla carta, perché all’atto pratico spesso è difficilmente realizzabile. La prima causa è da attribuire a un certo “campanilismo”, alla faziosità che spesso accompagna i credenti. Anche agl’inizi del Cristianesimo, quando ancora Gesù viveva in mezzo agl’uomini, questo processo era già evidente (Marco 9:38-40). Già da allora Gesù condannava lo “spirito settario” con cui i Suoi discepoli si approcciavano a chi non era nel loro gruppo. Oggi come allora, lo stesso spirito settario aleggia anche tra le svariate “denominazioni” cristiane, dove piuttosto che badare al contenuto di quanto professato, si bada più alla differente “etichetta” che contraddistingue due parti a confronto, spesso chiudendo un “dialogo” prima ancora di cominciarlo, solo per il preconcetto di avere a che fare con una realtà cristiana “difforme” solo alla propria etichetta denominazionale. Con la scusante del “preservare” la sana dottrina, ci si chiude a “riccio” a priori, senza un dialogo o un confronto, spesso ritenendo in maniera decisamente più pratica che teorica, di essere gli unici detentori della verità divina, ergendosi, proprio come gli Scribi e i Farisei, a voler insegnare ad altri quello che alla fine non viene neppure da loro messo in pratica. Eppure Gesù era stato molto chiaro con i suoi “seguaci”: uno solo era il Maestro, tutti gli altri sono fratelli (Matt.23:8), quindi tutti sullo stesso piano. Questo evidenzia quindi che tra le diverse realtà cristiane, ci sono altre motivazioni che il più delle volte “dividono” piuttosto che unire. Come gli Scribi e i Farisei, diversi esponenti e denominazioni cristiane, operano solo per mettere in mostra sé stessi, piuttosto che manifestare l’amore di Cristo, e il termine “condivisione” viene spesso sostituito dal termine “competizione”. Invece di un confronto costruttivo di edificazione, si cerca di imporre le proprie vedute, additandole come le sole uniche possibili, cercando quindi di prevaricare il pensiero altrui.
Ritenendo cosa assolutamente coerente e giusta quando si tratta di prendere distanze da chi è fuori dottrina (il non rispetto delle norme bibliche o insegnamenti biblici), il più delle volte, questo prendere le distanze avviene anche tra realtà cristiane che professano la medesima dottrina e che hanno sperimentato la stessa esperienza di fede, solo perché la “denominazione” o “l’etichetta ” è differente, rimarcando la diversità non tanto nella dottrina, ma piuttosto nella modalità pratica differente di impugnare una coppa unica o distribuire il vino in bicchierini monouso durante il sacramento della “Santa Cena” o pratiche operative simili. Tutto questo evidenzia come uno dei principali problemi per il progresso della Chiesa Cristiana sia proprio questo “spirito settario” che la pervade. Lo spirito che animava gli Scribi e i Farisei del tempo di Gesù, è all’opera ancora oggi, creando solo confusione, divisione, settarismo o come estremo opposto al sincretismo che sfocia nell’ecumenismo. Occorre avere rispetto reciproco per capire che Cristo ci chiama all’unità nella diversità. Non richiede “omologazione”, a quello provvederà direttamente l’anticristo, ma nel rispetto della propria identità in base all’esperienza di fede fatta da ciascun cristiano, come qualunque padre terreno, Dio desidera che tra i suoi figli ci sia rispetto e armonia, visto che è Dio stesso che ci accomuna, e se il nostro desiderio è semplicemente adorare, onorare e glorificare Dio, questo ci permette di avere comunione anche con realtà di fede cristiana di diversa denominazione ma animata dallo stesso desiderio, focalizzando l’attenzione solo sulla gloria di Dio e non sul proprio ego denominazionale. Questo oggi, che siamo sempre più vicini al ritorno del nostro Signore Gesù Cristo, dovrebbe essere la priorità nella nostra vita cristiana, per tornare allo spirito della chiesa del I° Secolo dove la parola d’ordine era “condivisione”.